Intervista esclusiva di Antonello Sette a Bruno Migliara, Responsabile dell’Unità di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare dell’Ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda

Dottor Migliara, il 20 e il 21 giugno è andata in scena la quarta edizione del “Rome Peripheral Intervention”. Un evento prestigioso, che è ruotato intorno a una tematica di grandissima e, per certi versi, di drammatica attualità…

“Il convegno riunisce ogni anno chirurghi vascolari, cardiologi e radiologi interventisti, ovvero tutte quelle figure professionali, chiamate ad occuparsi del trattamento endovascolare della patologia arteriosa periferica. In questo ambito, il Convegno ha dato ampio spazio al trattamento dell’ischemia critica a carico degli arti inferiori, che in questa fase temporale è in grande espansione, sia per il progressivo invecchiamento della popolazione, sia per gli effetti derivati dal diabete, che è, a sua volta, una malattia cronica in grande e, in qualche misura inarrestabile, espansione”.

Stiamo parlando di patologie complesse a carico di pazienti arrivati spesso al limite…

“Sono pazienti che hanno delle gangrene e delle ischemie a livello dei piedi e delle gambe e rischiano l’amputazione maggiore degli arti inferiori. Durante il Convegno abbiamo affrontato questa patologia in tutti i suoi risvolti e ambiti, a partire dall’estrema fragilità dei pazienti che abbiamo di fronte. Personalmente, ho insistito, come peraltro hanno fatto anche altri colleghi, sulla necessità prioritaria dell’utilizzo, in luogo del mezzo di contrasto iodato, della CO2, come mezzo di contrasto per i trattamenti endovascolari, al fine di ridurre significativamente i rischi di insufficienza renale indotta”.

Le tecniche dei trattamenti si stanno evolvendo?

“Il trattamento endovascolare si avvale di una serie di tecniche, anche estremamente avanzate, che in questo momento storico ci permettono di risolvere, in una percentuale sempre più ampia di pazienti, il quadro di ischemia critica e di conseguire la guarigione delle lesioni al livello delle estremità, scongiurando l’amputazione maggiore e le sue drammatiche conseguenze”.

Mi conferma che nell’Ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda, di cui lei è il Responsabile dell’Unità di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare, state provando ad andare oltre i confini del già acquisito?

“Sì, a Peschiera, ormai da alcuni anni, abbiamo sviluppato e standardizzato una tecnica specifica per il trattamento dei pazienti cosiddetti no-option, vale a dire quella situazione estrema in cui non vi è un’opzione di rivascolarizzazione delle arterie, eccessivamente malate, che si chiama arterializzazione del plesso venoso profondo del piede”.

I risultati che state ottenendo sono incoraggianti?

“E’ una tecnica innovativa. Dai dati della letteratura, a partire dal nostro studio pubblicato lo scorso anno, si evince che consente un salvataggio d’arto nei pazienti no-option stimabile oltre il 75%”.

E questa la nuova frontiera destinata a cambiare il destino, sin qui praticamente segnato, della stragrande maggioranza dei pazienti no-option?

“E’ una tecnica che ancora necessita di essere affinata ed evoluta, ma che è già uno step per i pazienti giunti in prossimità della soglia del limite e, quindi, più difficili, per non dire quasi impossibili, da trattare”.

SaluteIn

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