Tornano le allergie primaverili, che tormentano milioni di italiani per almeno un paio di mesi l’anno e che vanno di pari passo con le mezze stagioni. Ma si può ancora parlare di mezze stagioni? Complice il cambiamento climatico e l’innalzamento delle temperature, diventa sempre più difficile definire quando inizia una stagione e quando ne finisce un’altra, soprattutto quando si avvicina la primavera. Per questo entro il 2030 secondo gli esperti la situazione potrebbe cambiare, anzi peggiorare, con allergie presenti tutto l’anno.
Spiega Walter Canonica, dirigente della Società italiana di Allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic) e senior consultant di Humanitas Milano che “La primavera è anche associata all’arrivo delle allergie respiratorie e al malessere che esse portano con sé, e lo sa bene il 25% della popolazione mondiale che ne soffre durante quello che è diventato ormai un periodo lunghissimo. Ma le riniti allergiche, sebbene non siano un fenomeno nuovo, hanno registrato un peggioramento negli ultimi anni, soprattutto tra i giovani e i bambini in età pediatrica. Inoltre iniziano ad emergere studi sull’insorgenza e sulla diffusione delle allergie anche dopo i settant’anni ed in periodi diversi“.
Il cambiamento climatico e l’inquinamento atmosferico, già conclamate minacce non solo per l’ambiente, ma anche per la salute umana, hanno infatti anche un impatto sulle allergie respiratorie. “La questione è ancora dibattuta e molte analisi saranno necessarie per stabilire un’eventuale correlazione – prosegue l’esperto – Di sicuro, però, gli effetti del cambiamento climatico, in particolare l’aumento della temperatura, influiscono sulla stagione di pollinazione, che, rispetto al passato, è più lunga. Gli allergici, infatti, faranno i conti con le allergie da febbraio a novembre: non è più, dunque, una condizione stagionale ma perenne”. Questo perché il cambiamento climatico ha comportato un aumento del numero di pollini sia nella quantità che nella durata del fenomeno.