Intervista esclusiva di Antonello Sette a Fiorella Gurrieri, Professore ordinario di Genetica Medica e Responsabile dell’Unità di ricerca di Genetica Medica all’Università Campus Bio-Medico di Roma

Prof.ssa Gurrieri, l’epigenetica evoca una vasta gamma delle malattie genetiche. Qual è allo stato attuale il livello di conoscenza?

“L’epigenetica è un meccanismo biologico di regolazione della funzione dei geni, che non dipende dalla presenza di mutazioni al loro interno. Siamo classicamente abituati a pensare alle alterazioni di sequenza dei geni, come causa di malattie, quali, per fare un esempio concreto, la fibrosi cistica o la beta-talassemia. Esiste, però, anche un gruppo di patologie, che sono provocate da alterazioni, che noi chiamiamo epigenetiche, in grado di inattivare o iperattivare, a seguito di alcuni sofisticati meccanismi, determinati geni senza che ne sia modificata la sequenza. Conosciamo due tipi di epigenetica. Quella classica, conosciuta da almeno trent’anni, riguarda le malattie epigenetiche tradizionali, quali la sindrome di Angelman, di Prader-Willi, di Silver Russell e di Beckwith-Wiedemann: in questi casi il difetto epigenetico è confinato ai geni o gruppi di geni direttamente responsabili di queste condizioni. Accanto e oltre a questa più datata, abbiamo un’epigenetica più recente, che implica l’effetto a cascata dell’alterazione di un singolo gene su un gruppo di più geni. L’insieme di queste modificazioni molecolari rappresenta una sorta di firma epigenetica o profilo epigenetico che oggi è possibile analizzare a livello diagnostico.  Le faccio un esempio concreto. Noi conosciamo all’incirca ventitremila geni. Alcuni di essi hanno dei geni bersaglio, nel senso che li possono alternativamente attivare o inattivare, modificando, per l’appunto, l’epigenetica. Esistono, quindi, delle malattie, che noi classifichiamo come sindromi epigenetiche, che sono sì causate dalle mutazioni di uno o due geni specifici, ma che hanno una loro tipicità al livello del profilo epigenetico generale. Oggi esiste un nuovo termine convenzionale, l’episignature o firma epigenetica, che fa riferimento alla possibilità di eseguire un’analisi, che noi possiamo svolgere a valle del test genetico e che, in base al risultato, può orientarci nella diagnosi. L’approccio più moderno all’epigenetica è sicuramente questa possibilità di determinare, anche grazie alle nuove tecnologie, l’episignature personale, che altro non è che un profilo specifico di metilazione di un gruppo di geni. La specificità di questo profilo ci consente di effettuare una diagnosi circostanziata. È a tutti gli effetti un test diagnostico di assoluta affidabilità. Mi riferisco a tutta una serie di condizioni, che oggi variano fra le sessanta e le settanta, che sono associabili a un determinato profilo epigenetico”.

Una volta effettuata una diagnosi, si passa alla fase successiva, che suppongo sia quella della cura…

“Purtroppo, quando ci troviamo al cospetto di una malattia genetica, raramente c’è la possibilità di passare dalla diagnosi alla cura, anche se in alcuni casi esistono già delle terapie di precisione. I profili epigenetici, di cui stiamo parlando, sono il risultato di una vera e propria alterazione genetica, che non è allo stato attuale modificabile. Esistono, questo sì, profili epigenetici meno specifici, che riguardano malattie comuni, come, per citare un caso concreto, i disturbi della condotta alimentare e che sono, tra l’altro, correlati alle varie fasi della patologia. Nella fase acuta, ad esempio, dell’anoressia, c’è un determinato profilo epigenetico che muta, sino alla reversibilità, quando, successivamente il paziente entra in una fase di benessere”.

Lei ha compiutamente configurato il quadro attuale. Esiste la speranza di poter combattere ad armi pari le malattie collegate all’episignature?

“La speranza al momento è solo di poter più facilmente individuare un profilo epigenetico anomalo, piuttosto che ambire al cambiamento di una mutazione genetica. Conosciamo alcuni farmaci epigenetici, ma non li usiamo per curare le malattie con profili epigenetici. Se spostiamo le nostre speranze più in là nel tempo, possiamo augurarci di avere a disposizione farmaci epigenetici, che arrivino a colpire il bersaglio molecolare con una efficacia molto maggiore di quelli attuali, che purtroppo non sono ancora utilizzati come rimedi di routine, né lo saranno nell’immediato. La speranza è quella. Questi composti potrebbero aiutare a revertire un fenotipo epigenetico mentre per correggere una mutazione genetica bisogna ricorrere a tecnologie di terapia genica o a bersaglio molecolare.

SaluteIn

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