L’apnea ostruttiva del sonno è tra i disturbi respiratori più comuni nelle società occidentali: secondo un primo recente studio epidemiologico mondiale, sono stati stimati 936 milioni di pazienti a livello globale in età compresa tra i 30–69 anni con OSAS di grado lieve moderata e 425 milioni di pazienti in età compresa tra 30 e 69 anni con OSAS di tipo grave, che hanno bisogno di trattamento con CPAP. In Italia le cose non vanno meglio, ma si tende a sottovalutare ancora troppo questa patologia. Approfondiamo il tema in questa intervista con Luca Roberti, presidente dell’Associazione apnoici italiani.

Quella delle Apnee Ostruttive del sonno – sindrome OSAS – è una malattia subdola, poiché “invisibile” e spesso poco conosciuta, ma ancora più grave nel periodo estivo in quanto causa di incidenti stradali notturni, già molto frequenti in questa stagione. Quante persone coinvolge realmente?

L’apnea ostruttiva del sonno è ancora oggi una patologia sotto diagnosticata e sotto trattata perché purtroppo viene presa spesso e volentieri alla leggera. Si tende a confondere il russamento con la vera e propria apnea ostruttiva, che invece è una patologia seria e come tale va trattata. Si diagnostica con uno strumento di monitoraggio cardio respiratorio – conosciuto anche come poligrafia completa – che viene applicato prima di andare a dormire e registra una serie di parametri come lo sforzo addominale e toracico o la respirazione per valutare l’indice di apnea, quanto dura e che tipo di apnea si configura. Dopodiché si esegue un esame con lo specialista per capire se si tratta di una semplice roncopatia oppure se c’è un’apnea lieve, moderata e grave.

Si stima che in Italia siano circa 7,5 milioni le persone (tra adulti e bambini) affette da Apnea ostruttiva nel sonno (OSA), di cui 4 milioni con quadro moderato-grave. I pazienti attualmente diagnosticati sono circa 400mila, ma solo in 250mila seguono una terapia e questo restituisce la dimensione di quanto la sindrome OSAS sia ancora troppo sottostimata. Per quanto riguarda i più piccoli ne soffrono circa 500mila bambini ed in questo caso è possibile trattarla fin da subito per evitare che diventi cronica; la tempestività è molto importante perché un’apnea non trattata può portare ad altre patologie anche gravi. Nel nostro Paese c’è ancora poca informazione a riguardo, a partire dai medici di base e dai pediatri, ma questa patologia può provocare nel tempo altre comorbilità; si pensi che l’apnea è un’ostruzione a livello delle vie aeree e la desaturazione di ossigeno può comportare scompensi in tutto il resto dell’organismo, a livello cerebrale, cardiaco, metabolico.

Come fare a capire se si soffre o meno di Apnee Ostruttive?

Uno dei sintomi più frequenti è svegliarsi molte volte durante la notte (nicturia) e questi risvegli comportano un sonno interrotto con gravi conseguenze diurne come depressione, poca concentrazione, stanchezza, sonnolenza. Nel 25% dei casi si parla di “eccessiva sonnolenza diurna”, molto pericolosa, che provoca dei veri e propri colpi di sonno: pensiamo al rischio d’incidenti stradali, ma anche agli autisti dei Tir. Più del 70% degli autisti professionisti, secondo uno studio da noi condotto, sono a rischio apnea e questo può provocare danni enormi a livello sociale. Non solo si perde di produttività e si ha meno energia per stare in famiglia, ma i rischi aumentano notevolmente sia per sé stessi che per gli altri.  

A questo proposito è stata presentata la proposta di legge per il riconoscimento come malattia cronica e invalidante. A che punto siamo?

A febbraio è stato presentato un disegno di legge su nostra spinta poiché questa patologia non è ancora riconosciuta e in passato si era obbligati a chiedere l’invalidità civile; la proposta comprende l’assegnazione di uno specifico codice ai fini dell’esenzione dalla spesa sanitaria, l’istituzione di centri specializzati OSAS, l’erogazione di dispositivi terapeutici e la tutela dei lavoratori attraverso il lavoro agile per le forme più gravi. Attraverso questo provvedimento l’obiettivo è quindi quello di tutelare i cittadini affetti da questa patologia per far sì che le diverse soluzioni disponibili vengano prese in considerazione.

Quali sono i principali strumenti di diagnosi? In questo campo esistono ad oggi anche delle nuove tecnologie, quali?

I sistemi finora validati sono il monitoraggio cardiorespiratorio e, nei casi più complessi, viene fatta una polisonnografia videosorvegliata, un esame che si fa in ospedale. Certamente grazie alla tecnologia gli apparecchi sono migliorati negli ultimi anni fino a diventare meno fastidiosi ed invasivi; ora ci sono nuovi anche dei nuovissimi device (poligrafi di tipo 3) che si posizionano sotto al mento o sotto alla gola, che misurano i segnali di riferimento, restituendo informazioni importanti. Abbiamo anche dei software di intelligenza artificiale ed inoltre per le terapie si sta sviluppando uno studio farmacologico, che è in fase 3 di sperimentazione e nei prossimi 3-4 anni potrebbe essere disponibile per i pazienti e per lo specialista che avrà un maggior panel di terapie. È fondamentale dotarsi di più armi per cucire sul paziente la giusta terapia e sostenerlo in questo percorso.

Infine ha un consiglio in particolare per queste persone?

Parlarne con il medico di base è il primo consiglio che mi sento di dare. È importante farlo e non sottovalutare i segnali d’allarme visto che i rischi legati ad un’apnea non curata sono alti. Colgo l’occasione per segnalare che organizzeremo il 15 e 16 settembre 2023 a Bari un congresso dal titolo “Sleep Apnea & Sleep Disorders” (tutte le info su https://www.sasd.it/) durante il quale i maggiori esperti, opinion leader ed eccellenze mediche saranno al centro di una serie d’incontri di formazione aperti a tutte le specializzazioni e poi terranno degli incontri formativi per i pazienti per coinvolgerli e renderli consapevoli.   

SaluteIn

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