Chi soffre di malattie infiammatorie croniche intestinali si ritrova a fare i conti con un corollario di disturbi come dolori addominali, spossatezza e sanguinamenti, fra i più comuni e diffusi. Parliamo di una condizione che colpisce 250 mila italiani, soprattutto giovani, tanto che una diagnosi su 4 riguarda un bambino. E per 7 pazienti su 10 che ne soffrono diventa difficile frequentare la scuola o il lavoro per la natura spesso invalidante dei sintomi.
“Patologie come la malattia di Crohn e la colite ulcerosa si presentano con periodi di riacutizzazione alternati a fasi di remissione e di cui non si conosce la causa – spiega Valentina Ferracuti, presidente Amici Italia – L’età in cui più frequentemente insorgono va dai 20 ai 40 anni, ma l’esordio può avvenire a qualsiasi età, anche in bambini di uno o due anni”. Questo è il quadro che emerge dall’indagine ‘Better: Bisogni Assistenziali, Lavorativi, Legali e Sociali’ per la cura delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino, resa nota da Amici Italia e presentata al ministero della Salute, che ha coinvolto 1.350 pazienti. “L’incidenza di queste patologie è in netto aumento – continua Claudio Romano, presidente della Società Italiana di Gastroenterologia Pediatrica -. Dal punto di vista geografico, sono più colpiti i paesi industrializzati”. L’ipotesi, aggiunge Flavio Caprioli, segretario dell’Italian Group for the Study of Infiammatory Bowel Disease, “è che all’origine della malattia ci sia una reazione immunologica abnorme da parte dell’intestino nei confronti di antigeni. Questo può accadere per un’alterata interazione tra fattori genetici e ambientali non bene identificati”.
Come specificato da Salvo Leone, direttore Amici Italia, “che per quasi il 72% la malattia influisce sulle capacità di lavorare e l’80% di chi frequenta la scuola o l’università è costretto ad assentarsi più volte”. Inoltre quasi il 30% fa fatica ad essere visitato quando ha un’urgenza, mentre il 17% dei pazienti ha difficoltà a programmare una visita di controllo per via delle attese. “Fra le difficoltà vi è anche quella della diagnosi e dell’accesso alle terapie. Per questo – conclude Leone – è importante rivolgersi ad esperti dei centri di eccellenza”.