Da ormai tre anni la pandemia ha cambiato le nostre vite e ci ha costretto a rivedere molte delle precedenti abitudini: tra queste ad esempio la possibilità di essere visitati presso gli studi medici. Consulti urgenti o semplicemente di routine sono stati completamente stravolti per la condizione di isolamento nella quale ci siamo ritrovati, soprattutto in caso di positività al virus Sars-Cov 2. Pertanto, al fine di facilitare il rapporto di cura tra medico e paziente, sono stati abilitati nuovi metodi come le ricette elettroniche o le visite in telemedicina su portali certificati. Ne parliamo insieme alla Dottoressa Ombretta Papa, Medico di Base e Segretaria Nazionale SIICP – Società Italiana Interdisciplinare per le Cure Primarie.

Ricette digitali: cosa ne pensa del dietrofront del governo? La speranza di molti è che sia solo un problema di “strumento attuativo”; ma qualora non fossero più utilizzabili, cosa cambierebbe nel rapporto medico-paziente?

Anche se ora sembra che il Governo voglia fare dietrofront ed eliminare le ricette elettroniche, molti MMG non intendono dire no al futuro. Non si tratta solo di usare Whatsapp per comunicare con i pazienti; la possibilità di avere un fascicolo elettronico o utilizzare portali certificati che velocizzano il rapporto medico-paziente sono realtà che oggigiorno ormai devono evolvere. Al contempo credo che in questo momento non ci siano le condizioni di sicurezza necessarie per tornare ad affollare gli studi medici per il semplice ritiro fisico di una prescrizione “dematerializzata” relativa a farmaci ripetitivi o “trascrizioni” di esami prescritti da altri medici. Ci sono alcuni accorgimenti però che possono risolvere il problema in maniera strutturale: intanto sradicare la vecchia e cattiva abitudine di far “trascrivere” ad altri le prescrizioni di alcuni. Ogni medico con accesso al sistema TS o alla propria piattaforma regionale può e deve fare le prescrizioni che ritiene in prima persona, evitando ai pazienti inutili andirivieni. Sarebbe inoltre necessario implementare l’utilizzo di piattaforme di comunicazione sicura per la richiesta e la ricezione delle prescrizioni. I software in uso ai MMG sono pressoché tutti dotati di sistemi di messaggistica e invio prescrizioni il cui accesso per i pazienti è vincolato a chiavi di sicurezza certificate. In assenza di queste piattaforme esiste già, e andrebbe sviluppato, il Fascicolo Sanitario Elettronico. Non da ultimo, ritengo che la dematerializzazione completa consentirebbe al paziente di avere tutte le prescrizioni e le informazioni necessarie nella propria tessera sanitaria.

I big data e l’intelligenza artificiale sono utilissimi per leggere nuove classi di dati nelle ricerche. Lei ha esempi in tal senso? Molto spesso si parla di questi temi in senso astratto.

      L’intelligenza artificiale ha delle potenzialità enormi. Gli algoritmi possono essere allenati, coinvolgendo gli operatori nella correzione delle classificazioni progressivamente proposte per determinare gli item rilevanti e il relativo peso per la classificazione. Così è avvenuto per esempio quando è stato studiato un algoritmo capace di stabilire l’ordine di priorità per le vaccinazioni contro il Covid-19 negli studi dei MMG, dando rilievo a considerazioni di carattere sanitario oltre che al semplice dato anagrafico, con riguardo al maggior rischio di letalità correlato all’infezione da Sars-Cov2.

Negli Stati Uniti il mercato delle terapie digitali è in forte espansione: basti pensare che nel 2019 ammontava a 1,7 miliardi di dollari e alcuni studi pensano si raggiungere la cifra di 9.4 miliardi entro il 2028. Cosa sono le terapie digitali, come funzionano e cosa implicano in termini pratici?

Le terapie digitali sono trattamenti che si basano esclusivamente su dati oggettivi. Implicano però l’esclusione del rapporto umano. Se posso aggiungere un parere personale, trovo molto pericoloso spersonalizzare le cure. I pazienti non sono un insieme di sintomi da inserire in un algoritmo, ma sono degli esseri umani che presentano dei malesseri che devono essere interpretati caso per caso. La pandemia ci ha insegnato o confermato che, laddove sia possibile il contatto umano tra medico e paziente, questo vada favorito. Certamente in situazioni di impossibilità, le terapie digitali rappresenterebbero un’alternativa rispetto al nulla.

A dicembre 2022 c’è stato un picco di influenze e ricadute di Covid, che hanno intasato gli ospedali, tant’è che in alcune sale di Pronto Soccorso apparivano cartelli che invitavano il paziente ad andare altrove. Quanti pazienti ricoverati sono realmente e potrebbero rischiare la vita? Lei pensa che le nuove tecnologie possono aiutare i professionisti nei triage clinici e ottimizzare l’erogazione delle cure urgenti?

Non solo i Pronto Soccorsi sono stati intasati, ma anche i nostri studi e i nostri telefoni. Purtroppo nel nostro sistema mancano due cose fondamentali:

  1. educazione sanitaria dei cittadini che andrebbe implementata nelle lezioni di educazione civica
  2. organizzazione di sistema. È infatti il paziente stesso che decide, in base alla propria percezione dei sintomi, se rivolgersi al servizio di emergenza, di urgenza o se chiedere un appuntamento al proprio medico

Sono certa che nella lettura del punto 2 molti si saranno chiesti che differenza ci sia tra “emergenza” ed “urgenza”. Ecco proprio questo spiega meglio il punto 1 e perché i pronto soccorso sono spesso intasati. Certamente sarebbe auspicabile un sistema di triage, a cui il paziente possa rivolgersi per essere orientato circa il servizio (emergenza, urgenza, elezione) e al quale accedere per la propria cura specifica. Come FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) del Lazio ci stiamo già organizzando in questo senso attraverso un sistema in grado di dare risposte 7 giorni su 7, 24 ore al giorno.

SaluteIn

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