Intervista esclusiva di Antonello Sette a Elsa Viora, presidente dell’Associazione Ostetrici e Ginecologici Ospedalieri Italiani dal 2016 al 2022, premiata al World Congress of Gynecology and Obstetrics, come la migliore ginecologa d’Italia

“L’ostetricia è cambiata molto.  Se da una parte abbiamo a disposizione test di screening sempre più raffinati durante la gravidanza, dall’altra l’età, in cui le donne partoriscono per la rima volta, sta via via aumentando. Si fanno meno figli e si fanno in età più avanzata. È un cambiamento radicale, che espone le donne a un maggior rischio di contrarre altre malattie, come il diabete, l’ipertensione, la preeclampsia e altre possibili complicanze. In Italia abbiamo meno parti e gravidanze più a rischio, come conseguenza dell’età mediamente meno giovane delle partorienti. I rischi di una donna di quarantacinque anni sono sicuramente maggiori di quelli di una di venticinque”.

Elsa Viora, nata a Gassino Torinese sessantacinque anni fa, un’infinita esperienza alle spalle e il fiore all’occhiello del premio mondiale “Award in recognition of Women Obstetrician/Gynecologists al XXII World Congress della Figo, fa il punto, senza sconti, non solo sui progressi compiuti dalla branca della medicina che aiuta a far nascere i bambini, ma anche sui crescenti rischi collegati all’età sempre più tarda, che le  donne scelgono per mettere al mondo il primo foglio.

Dottoressa Viora le chiedo se esista, stando le cose come lei prospetta, un’età ideale per concepire un figlio, senza eccessivi rischi?

“No. Le sto solo dicendo che più si va avanti negli anni, più diminuisce la fertilità, ovvero la capacità di concepire e più aumentano le complicanze, legate alla gravidanza”.

Che cosa potete fare voi ginecologi per contrastare il crescente aumento dei rischi in gravidanza?

“Molto poco, purtroppo. Esiste in Italia un fenomeno di denatalità talmente eclatante, da finire sulle pagine del New York Times e, continuando così, siamo destinati non dico a scomparire, ma a diventare un Paese con un numero di abitanti molto più basso. È un problema sociale, che esula evidentemente dagli ambiti di competenza dei ginecologi. Tutto quello che possiamo fare è informare. Credo che sia questo il nostro compito. Non possiamo certo incidere sull’instabilità lavorativa, sui contratti a termine o sull’insufficienza degli asili nido. Quel che è certo è che siamo diventati, nostro malgrado, un Paese, da questo punto di vista, sotto osservazione a livello mondiale. Un fenomeno, quello della denatalità, che non è di oggi e neppure di ieri. È un processo, che sta andando avanti ormai da anni. Quel che è cambiato è che solo ora ce ne stiamo rendendo conto”.

Presumo che ci sia, però, un’evoluzione delle tecniche e, quindi, una maggiore sicurezza del parto, in quanto tale, per la donna e per il nascituro…

“Sicuramente sì, ma bisogna tener conto che il parto è il risultato finale di tutto quello che è avvenuto in gravidanza e che, prima ancora, la gravidanza è figlia di tutto quello che è avvenuto prima del concepimento. Se la gravidanza è trascorsa in buona salute, con un aumento di peso nella norma e un’adeguata attività fisica di accompagnamento, sono tutti benefici, che arriveranno direttamente in sala parto. Noi ginecologi non possiamo interferire sulle cause della denatalità, ma informare sugli stili di vita necessari e sul mero fatto che la gravidanza non può essere rinviata all’infinito, possiamo e dobbiamo. Anche per contrastare i messaggi che passano in televisione, sui giornali e sui media, che raccontano di attrici e cantanti, che fanno figli a 50 e anche a 55 anni. Se li fanno loro, viene automaticamente da pensare che tutte possano farli a quell’età. Bisogna capire che quelle sono sparute eccezioni e non la regola”.

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