Intervista esclusiva di Antonello Sette a Marco Scatizzi, Direttore dell’Unità Complessa di Chirurgia Generale dell’Ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze e Presidente di ACOI

Migliaia di aziende medicali costrette a chiudere. Più di centomila lavoratori a rischio licenziamento, centinaia di ricorsi al Tar, ma anche la possibile catastrofe sanitaria conseguente all’irreperibilità di ogni tipo di dispositivo medico, compresi quelli salvavita. A lanciare l’allarme sui danni senza fine provocati dal payback, non è solo il comparto produttivo, che rischia di scomparire, ma anche chi vedrebbe paralizzata la propria attività professionale. Il Presidente dell’Associazione Chirurghi Ospedalieri Marco Scatizzi, guarda con sgomento a quello che potrebbe accadere, da qui a pochi mesi negli ospedali italiani.

“L’intento dei chirurghi è quello di garantire ai pazienti la prestazione migliore. Da questo punto di vista, non basta che il chirurgo sia competente e capace. C’è un aspetto fondamentale che è quello dell’hardware. Le sale operatorie devono essere modernizzate. Andiamo sempre più verso una chirurgia mininvasiva e abbiamo assolutamente bisogno in sala operatoria di una tecnologia aggiornata, anche considerando che l’occhio umano non basta più. Anche da questo di vista siamo fortemente critici, perché il PNRR ha pensato a rinnovare il parco macchine di tac e risonanze magnetiche, ma ha completamente trascurato le sale operatorie. Altro che rinnovamento e ammodernamento! Le risorse a questo scopo stanziate sono pari allo zero assoluto. Poi, e veniamo più specificamente alla questione di attualità che lei ha evidenziato, c’è tutta una serie di strumenti monouso, che si utilizzano e poi si buttano via, che sono fondamentali per la prestazione chirurgica. In buona sostanza avere un bisturi elettrico di un tipo piuttosto che di un altro o una suturatrice meccanica, che funziona bene o così così, non è un problema di poco conto, ma molto serio, perché c’è il rischio di procurare danni gravi e finanche irreversibili.  La possibile carenza degli strumenti di ultima generazione, che le aziende produttrici di dispositivi medici ci stanno attualmente fornendo, sarebbe un problema di portata enorme. Saremmo costretti a dover reperire sul mercato strumenti di serie b o c. Lei capisce che una cosa è vedere una partita fra la Fiorentina e una qualsiasi squadra di serie a, un’altra una partita di serie C.

Tornando al problema che sta a monte, il payback non le sembra una misura surreale?

“Le rispondo da cittadino. Sì, è una vicenda surreale. Se io produco uno strumento, che concordo di fornire a lei a un certo prezzo, e lei lo acquista attraverso un meccanismo di ingaggio, che la garantisce in tutto e per tutto, le sembra ragionevole che se lei, alias le Regioni, ha bisogno di qualche strumento in più, mettiamo 150 invece di 100, e io glieli vendo allo stesso prezzo, lei li riceve, ma non li paga. O meglio mi dice che o mi rendi il 50 per cento dei soldi o io lo scalo dalla fornitura attuale. E’ veramente paradossale, anche perché, sulla base di questo ragionamento, io Regione avrei tutto l’interesse a mantenere basso il budget e a sforare quanto prima, così da garantirmi uno sconto obbligatorio per legge. Il problema non è di chi fornisce i dispositivi medici, ma della gestione dei budget regionali che evidentemente lascia molto a desiderare. Se io prevedo un budget e poi lo sforo, forse è perché ho commesso in partenza degli errori. Mi chiedo anche, ed è il rovescio della stessa medaglia, come sia possibile chiedere indietro i soldi a chi ha fornito a un chirurgo la possibilità di effettuare in modo adeguato tre interventi, invece di uno.  Questa è follia pura. Glielo dico da cittadino, ma la sostanza non cambia”.

SaluteIn

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