Tra gli effetti collaterali a lungo, anzi lunghissimo termine, della pandemia c’è anche la scoperta disarmante di come stare da soli comporti una serie di danni abnormi, soprattutto in età giovanile. I numeri segnalano infatti un fenomeno in vertiginoso aumento, con la percentuale di adolescenti che è letteralmente quadruplicata dal 2020 ad oggi ed il 55% dei teenager italiani, da sempre abituati alla socialità e alle relazioni sul territorio, che afferma di soffrire di solitudine con conseguenze sulla propria salute mentale.

Un vero e proprio disagio, molto più di un lieve malessere, che porta ad effetti collaterali fisici anche importanti: aumentano i rischi cardiovascolari, salgono lo stress e l’ansia, e perfino i livelli della pressione possono risentirne negativamente. Dunque la solitudine è una vera patologia, che il boom della rivoluzione tecnologica ha perfino aggravato. Viviamo tutti più connessi, ma sempre più soli.

Proprio su questo si è concentrata la recente indagine del quotidiano inglese “The Guardian” che segnala come ormai nel Regno Unito la solitudine, acuita dallo stare sempre connessi, sia diventata un problema per il sistema sanitario nazionale, anche perché chi ne soffre ha il 14% di possibilità in più di pensare al suicidio rispetto agli altri. Una vera emergenza, tanto che l’ultimo rapporto delle amministrazioni locali la descrive come la nuova priorità dei governi locali. E arriva anche a quantificare i rischi per salute, paragonandoli a quelli legati al fumo. In pratica è peggio che fumare quasi un pacchetto di sigarette al giorno.

SaluteIn

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