Intervista esclusiva di Antonello Sette a Gennaro Castiello, Radiologo Interventista presso la UOC Radiologia Interventistica, Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma
Quello iodato è sempre stato considerato il mezzo di contrasto ideale per guidare procedure endovascolari di radiologia interventistica. Al San Camillo avete adottato un’alternativa, che prevede l’utilizzazione, allo stesso fine, dell’anidride carbonica. A chi guarda le novità con attenzione e curiosità, sembra una svolta epocale…
“Non si può parlare di svolta epocale e neppure di rivoluzione, perché è una metodica che esiste da anni, come alternativa al tradizionale contrasto iodato. La sua ragione d’essere si basa sulle controindicazioni e sui pericoli che l’utilizzazione del contrasto iodato comporta per alcuni pazienti”.
Quali sono le problematiche più diffuse che inducono a preferire la metodica alternativa con l’anidride carbonica?
“Sono, ad esempio, quelle legate alla funzionalità renale, per Pazienti con insufficienza renale cronica in cui è da evitare un sovraccarico non tollerabile di tossicità da mezzo di contrasto iodato, oppure a episodi, magari ripetuti nel tempo, di reazioni allergiche gravi a specifici contrasti iodati”.
Qual è l’ambito di riferimento di questa metodica basata sull’utilizzo dell’anidride carbonica al posto dello iodio?
“L’ambito, che mi riguarda direttamente, è quello della radiologia interventistica e, nello specifico, della fase diagnostica ed operativa endovascolare. Nessuna rivoluzione, ma ultimamente il mezzo di contrasto con CO₂ è stato reso più maneggevole dalle tecnologie di ultimissima generazione e, nei casi in cui si rende necessario, l’applicazione è più facile e la resa diagnostica di ottimo livello, soprattutto nella diagnostica sulle procedure endovascolari”.
Qual è nello specifico la novità di utilizzo al San Camillo?
“La novità è strettamente collegata alla valutazione della funzionalità epatica. Ci avvaliamo, infatti, di questa metodica per acquisire informazioni utili sull’emodinamica epatica, con particolare riferimento alla correlazione fra il flusso venoso epatico ed alcune specifiche tipologie patologiche, come le malattie vascolari porto-sinusoidali (PSVD), sfruttando le caratteristiche fisiche della CO₂ rispetto al contrasto iodato e, quindi, la bassa viscosità di un gas rispetto a un fluido. L’applicazione dell’angiografia con CO₂ nell’ambito dello studio della funzionalità epatica, che utilizziamo in stretta collaborazione con i colleghi epatologi, ci sta fornendo informazioni importanti e sempre maggiori soddisfazioni”.
Quello con CO₂ è un mezzo integrativo o sostitutivo?
“È sostitutivo nei casi in cui si evidenzia una controindicazione assoluta al contrasto iodato. È integrativo quando si devono acquisire informazioni che solo l’angiografia con CO₂ può garantire. Fermo restando che il contrasto iodato è fondamentale nella maggior parte delle nostre procedure, perché ha una resa e una maneggevolezza sicuramente diverse rispetto alla CO₂, che presuppone il collegamento diretto per ogni angiografia al generatore, mentre lo iodato può essere iniettato manualmente con qualsiasi catetere ed è sicuramente più comodo nell’applicazione. È altrettanto vero, però, che le nuove tecnologie hanno diminuito il gap della maneggevolezza e reso più appetibile il mezzo di contrasto che utilizza l’anidride carbonica. Una coesistenza fra due metodiche, che non si escludono l’un l’altra, ma si completano vicendevolmente, entrando in funzione alternativamente, così da mettere a disposizione di tutti un mezzo di contrasto efficace e praticabile”.