I Pronto Soccorso italiani hanno registrato nell’ultimo anno 18,27 milioni di accessi, segnando un incremento del 6% rispetto al passato, ma rimanendo al di sotto dei livelli pre-pandemici del 2019, quando si contarono circa 21 milioni di accessi. Circa il 22% degli accessi totali, pari a circa 4 milioni, sono stati classificati come “impropri” ovvero casi che avrebbero potuto essere gestiti al di fuori del contesto emergenziale. Questi accessi riguardano principalmente pazienti in età lavorativa (25-64 anni) e bambini tra 0 e 14 anni, spesso con sintomi generici.
Il 94% della popolazione riesce a raggiungere un Pronto Soccorso entro 30 minuti, mentre il 5,8% (circa 3,5 milioni di persone) impiega oltre 30 minuti per arrivare alla struttura più vicina. Le regioni con maggiori difficoltà di accesso includono la Basilicata, la Valle d’Aosta, il Trentino-Alto Adige, la Calabria, la Sardegna e il Molise. Il 75% dei Pronto Soccorso italiani registra un numero di accessi annui inferiore agli standard previsti dal DM 70/2015, che stabilisce un minimo di 20.000 accessi annui. In particolare, il 29% delle strutture non raggiunge i 15.000 accessi annui, evidenziando una frammentazione dell’offerta sanitaria sul territorio.
Per affrontare queste criticità si auspica un rafforzamento dell’assistenza territoriale attraverso l’implementazione delle Case di Comunità, previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Esperienze regionali, come quella dell’Emilia-Romagna, hanno dimostrato che una maggiore presenza di queste strutture può ridurre significativamente gli accessi impropri ai Pronto Soccorso. In conclusione è evidente la necessità di una riorganizzazione dell’assistenza sanitaria d’emergenza in Italia, con un focus particolare sul potenziamento delle strutture territoriali e sulla riduzione degli accessi impropri.