“Faccio il genetista da quaranta anni. Sono nato quando la genetica è nata in tutto il mondo. Sono stato fortunato ad avere come maestro il professor Bruno Dallapiccola, quando nessuno ancora sapeva che cosa fosse il Dna. Ho vissuto la rivoluzione da dentro. Una rivoluzione che ha avuto un impatto clamoroso anche a livello forense. L’individuazione del Dna ha consentito di incastrare, o di scagionare, i colpevoli dei più efferati delitti”.

Giuseppe Novelli con la genetica è nato e cresciuto.

Il Dna, che resta uno straordinario mistero della natura, anche ora che se ne sa praticamente tutto, è la sua passione e il suo cavallo di battaglia. Un cavallo che salta ogni ostacolo e galoppa a tutta velocità, verso il futuro.

 “La genetica è un mondo nuovo. Tutta la medicina è cambiata con la genetica. E, oggi come oggi, se vuoi salvare la tua vita, devi conoscere i tuoi geni. Prevenzione dei rischi e cura personalizzate. Questa è la via. Oggi non puoi provare a guarire il tuo tumore, se non conosci i tuoi geni. Tutte le terapie sono ad personam. In un prossimo futuro avremo i vaccini terapeutici individuali, che funzioneranno solo per quella singola persona, per quello specifico tipo di tumore e in quel momento. Ognuno di noi ha un suo Dna e le sue caratteristiche genetiche”.

Quello che lei delinea sembra uno scenario futuribile…

“Non c’è di futuribile. Tutto quello che le ho detto è già realtà. I Molecular Tumor Board sono eseguiti in tutti gli ospedali e di recente è stata emanata una legge, che ne prevede l’obbligo per gli ammalati di tumore, che non traggono giovamento dalle cure tradizionali. I MTB configurano il quadro genetico del paziente e aiutano a individuare farmaco più appropriato”.

Suppongo che le prospettive siano ancora più ambiziose…

“Con la medicina personalizzata, in ragione del Dna di ciascuno di noi, potremo guarire i tumori. È un concetto generale. Tutte le malattie sono legate alle singole persone. La taglia unica non funziona più. La genetica e il Dna ci hanno fatto capire che non possiamo prendere tutti la stessa medicina. Ognuno avrà il suo farmaco. Questa è la via definitivamente tracciata. Anche il coronavirus ha spazzato via l’idea della taglia unica. C’erano gli asintomatici, i malati moderati, i malati gravi e quelli gravissimi ricoverati nei reparti di terapia intensiva. Se il virus è uno solo, come è possibile che ci siano tutti questi diverse forme e stati della malattia? La risposta è semplice. Ciascuno di noi ha un suo specifico e irrepetibile corredo genetico e reagisce a modo suo ”.

L’individuazione del Dna torna utile anche per i sani?

“I sani possono fare il test che individua il Dna, naturalmente nei centri attrezzati, per stabilire il rischio concreto di contrarre malattie, che non sono ancora in corso. Tra le malattie, che sono in qualche misura prevedibili, segnalo gli infarti e le malattie cardiovascolari, il morbo di Parkinson e tutte le malattie che chiamiamo complesse. Quello che si può accertare è un rischio probabilistico, legato a una percentuale. Non esiste l’oroscopo del Dna e neppure quello che io chiamo il genoscopo. Bisogna stare a attenti alle competenze all’onestà intellettuale del medico, che legge il tuo Dna.  Non si può predire con assoluta certezza che avrai un figlio con gli occhi verdio che contrarrai una determinata malattia. È solo una probabilità, più o meno attendibile, che può comunque aiutare nella prevenzione”.

A proposito del suo maestro Bruno Dallapiccola, ricordo che già trent’anni fa sosteneva che l’individuazione del Dna porta a una conclusione clamorosa e per qualcuno forse dolorosa: cinque italiani ogni cento non sono figli del proprio presunto padre…

“È una percentuale che è lievitata nel corso del tempo, sino a raddoppiare. Oggi possiamo dire con cognizione di causa che gli italiani figli di padre ignoto solo almeno il dieci per cento. Sono dati che si basano solo su quanti si fanno volontariamente analizzare il Dna per l’accertamento di una o più paternità. La frequenza reale delle non paternità può essere anche superiore al dieci per cento”.

SaluteIn

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